Il periodo storico
Il periodo storico in cui vivono i Casarotto, che abitano in territorio vicentino e nelle valli e contrade collinari in particolare del comune di Arcugnano, si svolge sotto la Repubblica Veneta, che ha dominato per ben quattro secoli dal 1404 al 1797.
Dopo il travagliato periodo dei Comuni e delle Signorie, caratterizzato dalle aspre contese tra Vicentini e Padovani, il territorio vicentino nel 1404 passa sotto il dominio della Repubblica di Venezia. Inizia così un lungo periodo di pace e stabilità politica, interrotto solamente dalle devastazioni causate dalla guerra contro la Lega di Cambrai nel 1513.
Inizia quindi il Cinquecento e la civiltà delle Ville.
La scoperta delle Americhe (1492), il rallentamento dei traffici mediterranei a causa delle guerre contro i Turchi e la conseguente crisi commerciale, provoca nella seconda metà del 1500 un cospicuo riflusso di capitali verso la terraferma, che coincide con le grandi opere di sistemazione idraulica e di bonifica, soprattutto nelle zone di bassa pianura, tormentate dalle frequenti e incontrollate piene dei fiumi. Nel contempo, la campagna veneta si arricchisce di grandi ville signorili dal momento che – a detta di Gerolamo Priuli – “ Li nobili et citadini inrichiti volevano triunfare et vivere et atender a darse piacere ed dilectatione et verdure in la terraferma ed facevano palazzi et espandevano denaro assai”.
Il 1600, pur se afflitto dalle pestilenze, è contraddistinto da un aumento della popolazione, da cicliche crisi nei prezzi delle derrate e, nelle campagne, da una esasperata ricerca del profitto da una parte della nobiltà terriera.
La grande Villa padronale non è più solo luogo di ozio e svago, ma diviene centro di una vera e propria azienda agricola, mentre continuano ad affluire capitali per finanziare opere di trasformazione e colonizzazione agraria, “ svegramenti” di terre incolte, piantagioni arboree ed arbustive e, soprattutto nella nostra zona, opere di derivazione di acque a scopi irrigui. Gli storici a questo proposito parlano di evoluzione “capitalistica” dell’agricoltura, considerando che inizia in questa epoca l’intenso sfruttamento delle terre e dei contadini, vincolati da contratti di affitto o di mezzadria sempre più sfavorevoli. In questo secolo vengono ridotti a coltura boschi, pascoli incolti e la rotazione maggese-grano viene sostituita dal più redditizio avvicendamento mais-grano. Scompare così la possibilità per i poveri villani di esercitare il diritto comune di pascolo, ancora di origine medioevale, sui terreni a riposo e sulle stoppie.
Grazie all’irrigazione si vanno estendendo i prati stabili – necessari per l’alimentazione del bestiame – e soprattutto le risaie, appetite per il buon reddito ricavabile ma che con i miasmi provenienti dalle loro acque stagnanti, contribuiranno non poco al peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie delle popolazioni della campagna.
Infine il 1700 vede il rafforzamento delle tendenze prima accennate e soprattutto il perfezionarsi in tutta la pianura del sistema della "piantata" padana. Il paesaggio della piantata investe tutto il territorio, che viene così ridotto in forme regolari, con i limiti dei campi segnati da filari, strade, fossi o “capezzagne”.
La fortuna della "piantata" era legata alla possibilità del coltivatore di ricavare mais e grano dal terreno arativo, il legname dagli alberi della "piantata", l’uva dalle viti. Così il coltivatore poteva assolvere gli obblighi contrattuali con il frumento e il vino, ricavando contemporaneamente per sé e la propria famiglia mais e materiale per suppellettili ed attrezzi da lavoro.
Dal volume “Grisignano, una terra in eredità – Storie di gente e di acque”, numero unico di “ Grisignano Notizie” – Ed. Comune di Grisignano di Zocco e Biblioteca Civica - 1990