Il territorio di Arcugnano
UNO SGUARDO AL PASSATO
di Anna Albarello 1
E' certo che il territorio di Arcugnano è stato abitato fin dai tempi preistrorici, basti pensare ai ritrovamenti, avvenuti spesso durante l'estrazione della torba, nella zona delle Valli di Fimon, dove un bacino lacustre di dimensioni superiori a quello attuale rappresentava per l'uomo un ambiente particolarmente idoneo alla sopravvivenza perché ricco di risorse alimentari.
Le prime ricerche furono di Paolo Lioy nella seconda metà del XIX sec., poi successivamente di Luigi Meschinelli, Gastone Trevissiol, Giuseppe Perin e più recentemente di Alberto Broglio, Lawrence Barfield e di altri insigni studiosi.
Alcuni insediamenti sembrano risalire al Neolitico Inferiore ( inizio quinto millennio a.C.), situati lungo il fianco destro della Valle di Fimon; altri al Neolitico Medio (metà del quinto millennio) in località Fontega, Persegaro, Casette, Cà dell'Oca, Valdemarca; altri ancora all'Età del Bronzo, soprattutto media e recente ( secondo millennio a.C.), a nord del Lago, sul monte Crocetta e al Capitello.
In località Persegaro, detta anche Molino Casarotto, i reperti neolitici venuti alla luce inducono gli studiosi a credere che questi nostri antenati fossero già esperti in opere idrauliche. Infatti la disposizione delle tre aree di abitazione e il deposito di limo dissecato alla base delle strutture delle capanne fanno ipotizzare che siano stati eseguiti importanti lavori di bonifica, mediante canalizzazione, prima della costruzione delle abitazioni. Per queste veniva usato soprattutto l'ontano perché più resistente all'umidità; all'interno c'erano i focolari più volte ricostruiti e all'esterno venivano accumulati rifiuti: conchiglie di molluschi, semi di castagne d'acqua, di una specie che nel Veneto sopravvive solo nel Lago di Fimon.
Sono state ritrovate ossa di cinghiale, a volte anche di caprioli e lupi, ma soprattutto di cervi, dei quali quasi sicuramente venivano uccisi solo i maschi entro il quarto anno di vita per non compromettere la riproduzione dei branchi. Probabilmente quegli antichi abitanti erano più dediti alla caccia che all'agricoltura e all'allevamento, come risulta dai resti ritrovati, mentre si dedicavano sicuramente alla lavorazione della pietra e della ceramica e ce lo testimoniano i manufatti di pietra scheggiata e levigata, le scodelle e i vasi. La forma di una parte di questi vasi ritrovati induce gli studiosi a far risalire l'insediamento alla fase antica della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata presente in varie altre località dell'Italia settentrionale.
Un po' ovunque nei depositi di torba delle Valli di Fimon furono ritrovati resti di piroghe ricavate da un tronco d'albero scavato nella parte centrale (monoxile). I tre esemplari interi rinvenuti dopo il 1940 e trasportati al Museo Civico di Vicenza andarono distrutti dai bombardamenti aerei così come le trappole a battenti provenienti dalla Fontega, esemplari unici nel loro genere in Italia.
Non sembra che in queste valli siano stati trovati reperti di epoca romana e quindi non si sa se qui vi fossero a quel tempo insediamenti; sicuramente molte altre località del territorio di Arcugnano erano allora abitate, almeno in epoca tardo romana, come sembrano testimoniare i toponimi di Arcugnano ( Findus Arconianus-Fondo di Armonio), Spianzana ( Fundus Plancianus- Fondo di Plancio), che probabilmente derivano dal nome dei rispettivi proprietari.
Notizie più sicure si riferiscono al Medioevo quando l'organizzazione religiosa ha sostituito da tempo le vecchie strutture dell'impero romano. Sono di epoca medievale i resti di una delle due torri a guardia della valle, quella di Monte Crocetta di Arcugnano, nei pressi della quale era visibile fino a non molti anni or sono un grosso muraglione a secco, ora smantellato, della lunghezza di circa 14 metri, che probabilmente apparteneva ad un grande bastione di pietrame la cui funzione non è determinabile.
Alla base di queste strutture furono effettuati nel 1969 degli scavi che hanno portato alla luce i resti di pavimentazione, di vasellame e due spilloni riconducibili all'età del Bronzo Media e Tarda.
Arcugnano e Fimon con le terre limitrofe, intorno alla fine del tredicesimo secolo, erano feudo dei Canonici di Vicenza, come risulta da un privilegio del pontefice Urbano III riportato dal Barbarano e dal Maccà, nei quali si legge anche un'interessante notizia relativa ad un episodio di ribellione degli abitanti di Arcugnano. Vessati dalle decime, questi avrebbero ricusato di pagarle attirando così le ire dei canonici con la conseguente scomunica pubblicata nella loro stessa chiesa, nel 1328, per cui si sarebbero visti costretti a recarsi nella Chiesa di S.Agostino per ascoltare messa. Episodio questo di difficile interpretazione in un tale contesto storico, se non ipotizzando l'estrema indigenza degli abitanti di questa zona collinare, la cui religiosità peraltro è tanto forte da indurli a percorrere a piedi un bel tratto di strada per non perdere le sacre funzioni.
Degli abitanti del territorio di Arcugnano e delle loro abitudini di vita non si trova facilmente menzione nei testi; qualche accenno a questa umile gente abbiamo trovato nella bibliografia scritta da Gallio Ghellini del venerabile Antonio Pagani, vissuto nel sedicesimo secolo, appartenente all'Ordine dei Minori Osservanti, che dopo aver riformato e fondato alcuni ordini religiosi si ritira in eremitaggio in varie località dei Colli Berici, alcune delle quali, come San Fise e Santa Margherita, si trovano in territorio di Arcugnano. Ovunque il Pagani si recasse era accolto dalla gente con grande ammirazione. Scrive il Ghellini che mentre il padre si trovava a San Fise, sopra Pianezze, egli non solo istruiva i suoi figli spirituali che lo venivano a visitare, ma anche un gran numero di contadini delle valli vicine, anche a quattro, sei, dieci miglia di distanza. Questi arrivavano alla domenica all'ora della messa e tutto il giorno rimanevano in quel luogo per confidare al padre i loro travagli. Non potendo la Chiesetta di San Fise contenerli tutti, dato l'elevato numero, era necessario che il Pagani parlasse all'aperto e impartisse loro la benedizione che li faceva partire consolati e sollevati.
Si può supporre che la gente si recasse da quest'uomo per la sua fama si santo, ma anche perché attratta dalla sua fede e dall'esempio di vita austera e piena di privazioni che egli volontariamente conduceva e per la quale lo sentivano molto vicino. Scrive il Ghellini che il padre faceva quattro quaresime all'anno, mangiando una sola volta al giorno, l'inverno di notte e l'estate di sera; il suo pasto consisteva in un pane al giorno accompagnato talvolta da radici cotte, noci, olive o verze da lui stesso coltivate. Dormiva poi su tavole, rimanendo notte e giorno col cilicio e con un grosso abito che era più povero di qualsiasi altro religioso. Il suo tenore di vita non era probabilmente molto dissimile da quello della gente che la domenica si recava a Pianezze, sul colle di San Fise. Anche molti nobili ed ecclesiastici di Vicenza ammiravano il Pagani e la Compagnia della Croce. Ce lo testimonia, tra gli altri documenti, il testamento di Orazio Barbieri che nel 1617, come riporta il prof. Mantese in "Venezie Francescane", lasciò l'affitto di 33 ducati che riscuoteva alle Grancare, in quel di Pianezze, ai Margheritoni affinché inviassero al romitorio di San Fise un loro confratello per celebrare la messa e dedicarsi alla vita contemplativa come aveva fatto Padre Pagani.
Quanti fossero allora gli abitanti di Arcugnano e come vivessero è difficile stabilire: si può supporre che all'epoca molti coltivassero la terra alle dipendenze di quei signori che dall'inizio del XV secolo, dopo la dedizione di Vicenza alla Repubblica di Venezia, avevano costruito dimore in campagna, dove ogni tanto si recavano venendo dalla città per sorvegliare i lavori ed i raccolti. La nuova stabilità garantita dalla Serenissima aveva favorito questi insediamenti patrizi, ma anche quelli di contadini e braccianti il cui lavoro era maggiormente richiesto. Di quelle prime dimore residenziali, probabilmente in legno, nulla è rimasto. Le antiche ville del nostro territorio risalgono al XVII-XVIII secolo e conservano oltre alla parte padronale, parti coloniche e barchesse a testimonianza dell'uso a cui erano adibite. Dal XVII sec. in poi infatti la Serenissima, perduto il monopolio sui mari a causa dello spostamento verso l'Atlantico dell'asse commerciale marittimo, consolidò i suoi possedimenti e diede nuovo impulso all'agricoltura.
Basti citare: Villa Salasco ad Arcugnano, che Ottavio Bertotti Scamozzi costruì nel 1770 per il ricchissimo setaiolo Girolamo Franceschini; Villa Zilio Grandi, ad Arcugnano Costacolonna, il cui aspetto attuale risale al 1825 ed è opera di Giuseppe Riva, ma che probabilmente è stata iniziata nella seconda metà del '500; Villa Nordera, ora Casa di Cura, antica proprietà della Compagnia, fondata dal Pagani, dei Fratelli della Croce, detti appunto Margheritoni dall'antichissima chiesetta di S. Margherita che ha anche dato il nome alla località. La chiesetta, che risale al XIV sec. ed è ben visibile transitando dalla strada provinciale, non è l'unica, perché all'interno della proprietà esiste la Cappella di S.Croce, in cui si trovavano fra l'altro, statue marmoree attribuite al Marinali. Da alcuni documenti risulta essere stata questa la cappella dei Fratelli della Laicale Compagnia di S.Croce; Villa Calvi in Val dei Calvi; Villa Gozzi in Via Pilla, con la piccola cappella gentilizia di S. Maria della Pace, completata nel 1702. Il nucleo più antico di questo palazzo sembra risalire al XXI sec. ed oltre; Villa Casarotto a Fimon, risalente forse alla fine del 1700, con colombara.
Nel XVIII sec., nella sola Arcugnano, oltre ai già citati oratori, ve ne sono altri, 10 circa in tutto, come appare da documenti consultati. Tra questi l'Oratorio di S.Pietro dei Dall'Ava officiato nel 1747 da don Giovanni Perpenti, abitante nella parrocchia. Interessante è notare come nel 1793 appaia un nuovo sacello, quello di S. Gaetano della famiglia Tomii nella contrada Sacco per il quale, cosa veramente unica per quell'epoca, vennero prodotti dei disegni. L'edificio che fu già dei Padri Giuseppini cambiò destinazione d'uso non molti anni or sono ed ora fa parte del complesso di Villa Michelangelo.
Dai poderi di queste zone collinari si ricavavano: frutta, vini, legname da ardere e da fare botti, particolarmente richiesto. Di tali prodotti parla anche il Maccà nella sua "Storia del Territorio Vicentino" del 1813 a proposito di Arcugnno e Pilla, che formavano all'epoca due comuni separati, ma è possibile ritrovare notizie più approfondite nel "Fondo Estimi" presso l'Archivio di Stato di Vicenza.
Pilla comprendeva Perarolo, Spianzana, Costacolonna e zone limitrofe, mentre Arcugnano comprendeva Via Scco, Torri e zone limitrofe. Di Arcugnano si sa che gli abitanti all'inizio del XIX secolo erano circa 900, mentre agli inizi del 1600 si suppone fossero appena 150. Ci illumina in questo senso una "convicinia", riunione di capi famiglia abbienti o "stimati" (nota storica riportata dal Mantese e tratta dal Registro degli Estimi del comune, nel capitolo "Arcugnano ).
Da un'indagine condotta presso gli archivi comunali, si apptrende che alla fine del XIX sec. gli abitanti di Arcugnano capoluogo erano circa 800 e che l'ottanta per cento dei capifamiglia era occupato nel settore agricolo. Ogni nucleo famigliare era in media composto di cinque persone, ma spesso più nuclei erano uniti in unica grande famiglia patriarcale, dove la manodopera era abbondante, i bambini accuditi e gli anziani avevano un loro ruolo. Inoltre ogni genere di prima necessità veniva reperito nel posto e lavorato in casa, ad eccezion del sale. Il più piccolo avvallamento, i pendii dolci, ogni fazzoletto di terra veniva sfruttato per le colture, tra cui il frumento, il granoturco, l'orzo, la canapa e il lino. Particolare cura era riservata ai boschi, buona fonte di guadagno.
Alcuni di questi nuclei familiari si sono sfaldati solo trenta o quaranta anni fa, ma il processo di abbandono dell'agricoltura era già in corso da parecchio tempo.
Nel 1936 solo il quaranta per cento dei capifamiglia era occupato a tempo pieno nei lavori agricoli. Il resto è storia recente ...
Bibliografia
- A.Albarello, Antonio Pagani. Sua vita e spiritualità nell'ambiente religioso vicentino e veneto, tesi di laurea inedita, Università di Padova , Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1968-1969.
- A.Broglio, A.Barfield, L'insediamento neolitico di Molino Casarotto nelle Valli di Fimon, Vicenza, Accademia Olimpica, 1986.
- A.Broglio, L.Fasani, Le Valli di Fimon nella Preistoria, Vicenza, Neri Pozza editore, 1977.
- G.Da Schio, G.Trevisiol, G.Perin, Scienza e poesia sui Berici, 1947, ed. anastatica a cura della Libreria Pederiva di Grancona, 1987.
- G.Mantese, Il venerabile Antonio Pagani nella storia religiosa del cinquecento vicentino veneto, in "Le Venezie Francescane", n. 1-2,V, 1998, pp.29-55.
- Storia di Vicenza. Il territorio, la preistoria, l'età romana, a cura di A.Broglio e L.Cracco Ruggini, vol. 1, Vicenza, Neri Pozza editore, 1987.
1 Tratto da Camminare ad Arcugnano , pp. 45-50 edito a cura della Biblioteca di Arcugnano , Tipografia S.Gaetano di Vicenza, Giugno 1990
2 cfr. bibliografia
3 cfr. L.Barfield, A.Broglio, L'insediamento Neolitico di Molino Casarotto, Vicenza, Accademia Olimpica, 1986, p.115
4 Alla Fontega, le ricerche ebbero inizio dopo il 1884 quando fu prosciugato il laghetto ed iniziarono i lavori di estrazione della torba.
5 Due torri appunto campeggiano nello stemma del Comune di Arcugnano.
6 cfr. A.Broglio, L.Fasani, Le valli di Fimon nella Preistoria, Vicenza,Neri Pozza ed.,1977, pp.43-45.
7 cfr. Barbarano, Historia Ecclesiastica della Città, Territorio e Diocesi di Vicenza, libro V, pp.104;
- cfr. G.Maccà, Storia del territorio Vicentino, tomo V ( Storia del Vicariato di Brendola), Caldogno, 1813, pp.104-105.
8 cfr. A.Albarello, Antonio Pagani, Sua vita e spiritualità nell'ambiente religioso vicentino e veneto, tesi di laurea inedita, Università di Padova, Facoltà di lettere, a.a.1968-69.
9 cfr. R.Cevese, Ville della Provincia di Vicenza, Milano, Rusconi, 1980, pp. 258-267.
10 cfr. Archivio Vescovile di Vicenza, Stato delle Chiese, Arcugnano, dal quale è estratto il documento relativo al 1747.
11 M. Dalla Via, Il Palazzo di Pilla, inedito, Madonna dei Prati, 1978.
12 Vedasi progetto allegato alle note storiche di M. Dalla Via "Alcuni oratori del territorio di Arcugnano".